LUIGI PALMIERI (dal Dizionario Bio-Bibliografico del Sannio)
Nacque a Faicchio il 21 aprile 1807. Compì i suoi primi studi nel seminario di Caiazzo: Si laureò in matematica e fisica e poi in filosofia nell’Università di Napoli dove fu discepolo del Galluppi, allora molto celebre per l’impulso da lui impresso alla “filosofia italiana”. Insegnò nei collegi di Salerno, di Campobasso e di Avellino e in seguito nel Real Collegio di Marina a Napoli. Nel 1834 aprì a Napoli uno studio privato nell’insegnamento della filosofia e si fece continuatore e difensore del maestro, sicché in seguito a suo ricorso venne chiusa la scuola di Bertrando Spaventa che si era fatto banditore dell’idealismo assoluto di Hegel. E anche quando sembrò aderire agli insegnamenti di Gioberti mantenne, fin dopo il 1860, non sopite animosità ideologiche verso lo stesso Spaventa. I suoi biografi affermano che la sua scuola privata contava oltre quattrocento discepoli e che i migliori rappresentanti del sapere a Napoli intervenivano ai saggi annuali di quei giovani. Nel 1843 pubblicò il primo volume delle sue Lezioni intorno alla filosofia della morale e del diritto. Nel 1846 e in seguito, altri saggi filosofici collaborando anche a giornali e riviste (Il Lucifero, Il Progresso, La Rivista Napoletana, Scienza e Fede, il Filatre Sebezio ecc). Il 13 dicembre 1846 morì Galluppi e l’anno seguente la cattedra di Logica e Metafisica venne affidata a Palmieri, che la mantenne sino al 1860 quando nel rinnovamento dell’Università di Napoli, quella cattedra venne assegnata a Bertrando Spaventa. Palmieri, invece, inaugurò la cattedra di Fisica terrestre alla quale si aggiunse l’altra di Meteorologia nella Scuola agraria di Portici. La nuova cattedra veniva incontro ai suoi desideri. Aveva già tradotto gli “Elementi di fisica sperimentali e di meteorologia” del Pouillet arricchiti da sue note a riprova della raggiunta sua competenza nella meccanica razionale. Nel 1840 aveva elaborato la sua prima memoria scientifica: Alcune esperienze di induzione del magnetismo terrestre. In seguito intraprese ricerche -durate oltre quarant’anni- sull’elettricità atmosferica imprimendo, in questo campo, orme durature. Pubblicò poi, in tre volumi le sue Lezioni di fisica sperimentale e di meteorologia. Nel 1856 dopo la morte di Macedonio Melloni, “il Newton del calore raggiante”, ottenne la direzione dell’Osservatorio Meteorologico vesuviano, unico nel suo genere, che egli dotò di apparecchi sismografici e meteorografici da lui inventati e fra essi, il sismografo premiato con medaglia d’oro dalla Accademia di Lisbona “il primo vero apparecchio sismico a registrazione che all’endodinamica terrestre aprì nuovi orizzonti”. Arricchì, inoltre, quell’Istituto di una raccolta di minerali anche sconosciuti e di materiale eruttivo vesuviano. Nel 1860 alla cattedra di fisica terrestre venne unita la direzione di una Specola metereologica connessa all’Osservatorio vesuviano e a completamento di quelle esperienze scientifiche fra cui l’indagine sulle correnti telluriche e pertanto non senza riferimenti all’attività del Vesuvio. Già per invito dell’Accademia Reale di Scienze, aveva elaborato una relazione in collaborazione con lo Scacchi sulla Geologia del monte Vulture e terremoto di Melfi (15 agosto 1851). Ma ne scrisse altre anche sul terremoto di Casamicciola (1881) e su quello dell’isola d’Ischia (1883). Nel 1882 vide la luce la sua memoria: Leggi ed origine dell’elettricità atmosferica tradotta in francese e in tedesco e nel 1893 l’altra memoria: La dottrina positiva dell’elettricità atmosferica che ribadiva i principi scientifici già enunciati. Costruiva intanto i suoi apparecchi:il Diagometro per l’analisi degli oli e dei tessuti, esposto alla Mostra universale di Vienna, l’Udografo per la misurazione delle piogge, l’Anemografo per l’esame della direzione e variabilità dei venti, e perfezionava con nuovo metodo il telegrafo magnetico-eletttrico. Pubblicò queste ed altre memorie (sull’ozono atmosferico, sulla rugiada, sulla scoperta dell’elio eccc) in riviste italiane e straniere e soprattutto negli Atti dell’Accademia Pontiniana e dell’Accademia Reale di Scienze a Napoli. Il nome di Palmieri è particolarmente legato al Vesuvio che per circa mezzo secolo fu dell’eminente fisico e vulcanologo illustrato con intelligente amore (Il Vesuvio e la sua storia; Il Vesuvio dal 1785 al 1894; Le Cronache del Vesuvio dal 1840 ecc.). Di questa sua ininterrotta attività fanno fede i quattro volumi degli Annali del Reale Osservatorio Vesuviano e la descrizione delle cinque eruzioni dal 1850 al 1872, e mentre colpiti dalla lava bruciavano i villaggi di Massa e di San Sebastiano, lo si vide tranquillo e sereno continuare le sue osservazioni. Riconoscimenti, non soltanto nazionali, premiarono la sua vasta e benemerita attività. Più volte rettore dell’Università di Napoli presiedette alla Reale Accademia delle Scienze e al Regio Istituto di Incoraggiamento. Per i suoi meriti scientifici fu nominato senatore nel 1875. Morì il 9 settembre 1896.
L’anemografo è formato da due parti: 1)Organi indicatori, 2) Apparecchio scrivente
Gli organi indicatori sono costituiti da a) un mulinello di Robinson con un dispositivo elettrico dotato di un tasto che ad ogni giro del mulinello chiude il circuito elettrico di una pila e invia un segnale all’apparecchio scrivente;
b) una specie di gabbia di lamina metallica a 4, o anche ad 8, facce verticali a forma tronco-conica, terminanti con una cavità emisferica. Ad ogni sia pur piccolo soffio di vento questi emisferi si orientano e spostano delle leve, le quali mediante un tasto chiudono il circuito di una pila e trasmettono così un segnale alla macchina scrivente.
——
Una vasca sul tetto raccoglie l’acqua piovana e la conduce attraverso un condotto nell’asse di una ruota, portante 10 cassette. Un opportuno dispositivo consente il passaggio dell’acqua dal condotto alla cassetta destra del diametro orizzontale della ruota ( e solo ad essa ). Una volta riempita d’acqua , la cassetta , a causa del suo peso, ruota e l’acqua ne fuoriesce e si versa nella vasca. Contemporaneamente la cassetta, nell’abbassarsi, dà un urto ad una leva che, mediante una seconda leva recante la matita determina un tratto su un foglio di carta collegata ad un tamburo (ecco perché l’apparecchio è un pluviografo), che ruota per l’azione di un orologio, compiendo un giro completo in 24 ore. Mediante un dispositivo “a scappamento”, alla cassetta abbassata ne segue un’altra; l’acqua, sempre proveniente dalla vasca di raccolta sul tetto, si versa in questa fino a riempirla, facendole seguire il destino della precedente; e così per le altre cassette fino a che piove. Sapendo che ad ogni vaschetta vuotata corrisponde un millimetro di acqua caduta, e quindi un tratto di matita sul foglio di carta, dal numero dei tratti segnati sul foglio si ricava il numero di millimetri di acqua caduta durante la pioggia. L’acqua versata nella vasca scorre poi in un vaso cilindrico graduato, dal cui livello si riconferma la quantità di pioggia caduta, secondo i criteri dei pluviometri. L’apparecchio funziona insieme con l’anemografo e poiché i fogli di carta dei due apparecchi hanno la stessa lunghezza è possibile un confronto tra la velocità dei venti e la quantità di acqua caduta con la pioggia